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venerdì, 19 Aprile 2024
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Capire gli acufeni, e udire suoni che gli altri non sentono

Capire gli acufeni, ma in che senso?

Un folto stuolo di ricercatori dedica gran parte delle loro attenzioni a cercare il modo per capire gli acufeni.

Le cause del fenomeno sono infatti al momento largamente sconosciute, ed è questo il motivo per cui si attribuisce grande importanza a ogni tentativo in grado di apportare un nuovo tassello alla conoscenza del fenomeno.

Va in questa direzione anche la ricerca pubblicata da eLife con il titolo “Tinnitus and hyperacusis involve hyperactivity and enhanced connectivity in auditory-limbic-arousal-cerebellar network“.

Come nasce e si sviluppa l’acufene

Premesso che non si conosce ancora l’esatta dinamica dell’insorgenza dell’acufene a livello cerebrale, la ricerca in questione suggerisce che la rete neurale coinvolta nella patologia sia molto più vasta rispetto a quanto ipotizzato finora.

Gli studi compiuti da Richard Salvi, direttore dell’University of Buffalo’s Center for Hearing and Deafnes, lasciano pensare che l’anomala attività cerebrale che coinvolge acufeni e iperacusia non sia localizzata in una specifica area del cervello, facendo riferimento piuttosto a una rete neurale più vasta.

Tracciando la rete, Richard Salvi e gli altri ricercatori hanno identificato un importante snodo all’interno del percorso uditivo centrale, responsabile dell’elaborazione del suono.

Il ruolo delle emozioni nell’acufene

«Altre ricerche in passato – così Salvi – hanno già individuato questa situazione, ma la scoperta principale di questo studio è il coinvolgimento dell’amigdala. Cioè la parte del cervello che trasforma le nostre percezioni in emozioni. Non sono pochi i pazienti che riferiscono come l’inizio dei loro acufeni sia da collegare a eventi fortemente caratterizzati da ansia e stress. Noi pensiamo che gli acufeni non siano legati esclusivamente alla perdita d’udito, e che la perdita d’udito non sia l’elemento essenziale. Negli acufeni sono coinvolti altri fattori emozionali oltre a quelli del sistema uditivo

 

Tralasciando i particolari sulla sperimentazione piuttosto cruenta sui topi da laboratorio che certo non suscitano emozioni positive (a proposito di amigdala), ritengo che tutti quelli che soffrono di acufeni siano d’accordo (io per primo) nel constatare che gli acufeni vanno a mille dopo una forte emozione, ma anche semplicemente dopo una lunga conversazione al telefono o la partecipazione a una conferenza.

Certo, verrebbe da chiedersi come mai allora soggetti che vanno incontro a forti emozioni o stress non soffrano poi di acufeni, come sarebbe lecito aspettarsi dopo questa ricerca. Perché alcuni sì e altri no, in sostanza. Fattori genetici? Ma questo è un altro discorso.

In ogni caso capire gli acufeni può fornirci elementi utili per tenerli sotto controllo, a questo servono le ricerche.

La scienza procede ovviamente per ipotesi, che sottopone a verifica per scartare quelle che non sembrano avere imbroccato la strada giusta.

Ed è comunque impressionante il numero di referenze che gli autori della ricerca hanno consultato prima di mettere mano alla propria.

Cosa si può fare per capire gli acufeni?

Alcuni pazienti scrivono disperati in questo o quel Gruppo Facebook specializzato in acufeni d’aver ricevuto dall’Otorino la sconsolante notizia che con gli acufeni dovranno conviverci a vita.

Personalmente, come sa chi mi segue in questa avventura, soffro di acufeni da tempo, e non condivido affatto il pessimismo (loro lo chiamano realismo) dei medici addetti ai lavori, anche perché in genere considerano l’acufene com un male minore… (e non hanno tutti i torti, intendiamoci).

Attenzione, però, non è che non ci sia nulla da fare, per gli acufeni, intendo.

Ecco per esempio quanto scriveva Matteo Pontoni, Audioprotesista e Psicologo, in un suo intervento (è un po’ datato ma la sostanza non cambia) a proposito delle possibili soluzioni (con riferimento anche all’amigdala:

«Nel caso sia necessaria una correzione della perdita uditiva esiste un dispositivo che oltre all’amplificazione genera una musica che viene regolata al minimo livello percettibile di volume (soglia sovraliminare). Questa stimolazione sonora è finalizzata ad attenuare l’attivazione del sistema delle emozioni (amigdala in particolare). Inoltre questo tipo di melodia cambia di continuo utilizzando un algoritmo frattale: è cioè sempre diversa ma con una melodia ed un timbro costante. L’esperienza finora ha dato risultati molto incoraggianti!» [vedi citazione]

Ritengo che non esista al momento attuale un solo apparecchio acustico digitale che non abbia un apposito programma per acufeni, proprio nel senso indicato sopra.

Ma non c’è soltanto la musica zen. Bisognerebbe cominciare ad affrontare in maniera diversa il problema per capire gli acufeni.

Come? Per esempio preoccupandosi di tenere in ottima salute il cervello, visto il suo (anzi nostro) coinvolgimento, mettendolo al sicuro da qualsiasi forma di infiammazione.

Come ti suona? A me non sembra male, e sto anche provando ad andare in questa direzione.

Pubblicherò molto presto uno speciale Report sull’argomento.

[by Acufeni, che fare?]

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