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Ansia? Gli Acufeni crescono. L’ottimismo li fa regredire

Con l’ansia crescono anche gli acufeni

Chi convive con l’ansia non deve meravigliarsi se i suoi acufeni vanno alla grande e non lasciano in pace né di giorno né di notte.

Ecco una bella citazione tratta dalla decima TRI Conference (Tinnitus Research Initiative) che si è tenuta a marzo 2016 a Nottingham:

«L’assodata correlazione fra livello di ansia e livello di acufeni non sorprende affatto. Più il paziente rafforza i propri acufeni con parole e pensieri negativi, più cresce l’angoscia e il volume degli acufeni va alle stelle.»

Vero o falso? le persone che soffrono d’ansia, sanno bene di cosa sto parlando.

In più, non è soltanto una sensazione, diciamo così, empirica, ma un dato di fatto la cui origine va collegata a un modello neurofisiologico che ci siamo costruiti nel corso del tempo, un abitudine che certo non aiuta chi è ansioso e soffre di acufeni.

E che almeno due recenti ricerche scientifiche hanno confermato.

Meglio essere gentili in presenza di acufeni

A riferire delle due ricerche in questione è stato l’Independent dell’8 aprile scorso, con un articolo intitolato: «The surprisingly easy way to reduce your anxiety».

La prima ricerca è stata pubblicata su Motivation and Emotion con il titolo:«Kindness reduces avoidance goals in socially anxious individuals».

Per questo studio sono stati selezionati 115 studenti ansiosi, appartenenti al college dei ricercatori.

Sono stati quindi suddivisi in tre gruppi, ad ognuno dei quali è stato assegnato un compito da svolgere, sociale o individuale e privato.

Al primo gruppo è stato chiesto di compiere tre atti di gentilezza al giorno (lavare i piatti di un compagno, elemosina ecc.), due volte alla settimana, per quattro settimane.

Il secondo gruppo doveva sviluppare relazioni sociali (chiedere l’ora a uno sconosciuto, parlare con i vicini, invitare qualcuno a pranzo). Con la stessa frequenza del gruppo precedente.

Infine i partecipanti al terzo gruppo, gruppo di controllo, dovevano semplicemente tenere un diario personale degli avvenimenti cui andavano incontro.

Risultati sorprendenti

Il primo gruppo (quello degli atti di gentilezza) ha sperimentato una diminuita tendenza a evitare coinvolgimenti sociali, precedentemente ritenuti potenzialmente pericolosi a causa di un possibile rifiuto o per l’innescarsi di un conflitto.

Commentano i ricercatori: «La gentilezza può aiutare a consolidare i rapporti sociali, a far crescere la partecipazione e a sviluppare la rete di relazioni.»

Attenzione, non conta l’importanza o meno del gesto, che sia, per esempio, aprire la porta a qualcuno o dire semplicemente “grazie”, il beneficio arriva comunque e aumenta l’ottimismo.

E veniamo al secondo studio. (L’ansia sta crescendo, per caso?)

E’ stato pubblicato su Social, Cognitive and Affective Neuroscience, con il titolo: «Optimism and the Brain: Trait Optimism Mediates the Protective Role of the Orbitofrontal Cortex Gray Matter Volume against Anxiety».

Ricerche condotte in precedenza avevano già dimostrato come l’anatomia del cervello può cambiare in risposta al pessimismo.

Esempio: gli scienziati giapponesi che avevano misurato i cambiamenti nel cervello di giovani adulti dopo il terremoto e lo tsunami del 2011, hanno evidenziato come la corteccia orbito-frontale (l’area del cervello immediatamente dietro l’occhio sinistro) si era atrofizzata e ridotta in parecchi soggetti.

Coloro che avevano subito le perdite di corteccia orbito-frontale più significative avevano alte probabilità di ricevere diagnosi di malattie post-traumatiche.

Fatta questa premessa, e tornando alla ricerca scientifica di cui parlavo in precedenza, i ricercatori hanno arruolato 61 giovani adulti e hanno somministrato loro una serie di questionari attinenti la sfera psicologica.

Calcolando il volume della materia grigia rispetto al volume dell’intero cervello, hanno scoperto che gli ottimisti e i meno ansiosi mostravano di avere un maggior numero di neuroni nella parte sinistra della loro corteccia orbito-frontale.
«La speranza è – concludono i ricercatori – che possano essere messe in atto terapie cognitive capaci di spingere all’ottimismo, in modo particolare le persone ansiose che potrebbero vedere così alleviate le loro sofferenze.»

Naturalmente, se c’è ansia e gli acufeni si fanno sentire, la cura della gentilezza e dell’ottimismo vale in ogni caso.

Non costa nulla, non bisogna ricorrere a farmaci deleteri e chissà che gli acufeni non capiscano l’antifona e decidano di farsi da parte…

[by Acufeni, che fare?]

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