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venerdì, 19 Aprile 2024
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Senti parlare ma non capisci le parole? Ti spiego perché

Senti parlare ma non afferri le parole?

Se senti parlare ma non capisci le parole, stai sereno, vuol dire che non tutto è perduto a livello d’orecchio, e soprattutto di cervello.

Infatti ricercatori del Massachusetts Eye and Ear e della Harvard Medical School hanno investigato, per la prima volta, la capacità del cervello di un uomo adulto di compensare la quasi completa perdita d’udito da parte delle fibre del nervo acustico che collegano l’orecchio al cervello. [La ricerca è stata pubblicata recentemente sulla rivista Neuron]

In che senso il cervello “compenserebbe” la perdita d’udito, se senti parlare senza capire le parole?

Per spiegare come ciò possa di fatto avvenire i ricercatori chiamano in causa la plasticità (capacità d’adattamento all’ambiente) del cervello che indurrebbe il nostro principale organo a “percepire” i suoni anche nel caso di un grave danno all’orecchio.

Sfortunatamente la compensazione però non è completa a tal punto da riuscire a decifrare correttamente tutti gli stimoli sonori, com’è nel caso appunto del parlato, per cui se hai subìto un danno all’orecchio senti parlare, ma non capisci le parole.

Cosa ha trovato la ricerca

«Dai dati in nostro possesso – ha detto Daniel B. Polley, Ph.D., Direttore di Amelia Peabody Neural Plasticity Laboratory presso il Massachusetts Eye and Ear e professore associato di Otolaringologia presso la Harvard Medical School e autore senjor della ricerca – si può dedurre che la plasticità  d’un cervello adulto debba essere immaginata nel caso specifico come un amplificatore – allo stesso modo cioè di un apparecchio acustico nell’orecchio. Sembra che al cervello basti appena il 3% di un normale stimolo acustico per attivarsi e compensare la perdita d’udito. Purtroppo però questa compensazione non è completa. Il danno al sistema acustico si paga. E lo si paga in termini di decodifica, da parte dei neuroni preposti, dei suoni complessi come sono appunto le parole, fondamentali per la nostra capacità di comunicare.»

Il nervo acustico e le sue fibre

Per comprendere meglio la questione della neuroplasticità in relazione all’udito occorre ricordare che il nervo acustico è composto da migliaia di sottilissime fibre nervose responsabili delle informazioni orecchio-cervello.

Studi recenti hanno messo in luce che queste fibre sono le strutture più vulnerabili dell’orecchio interno.

Decadono, fino a morire, nel corso della vita di un uomo a causa dell’esposizione prolungata al rumore, per colpa di farmaci ototossici o semplicemente per l’avanzare dell’età.

Cosa succede a un paziente che si trova in questa situazione

Sottolinea il già citato Dr. Polley: «Ti puoi sedere vicino a una persona le cui fibre del nervo acustico sono sostanzialmente deteriorate. Sarà perfettamente in grado di sentire la tua voce, ma non comprenderà una sola parola di quello che le stai dicendo, in particolare se ci sono altre persone che stanno parlando in contemporanea. La perdita di fibre del nervo acustico riduce la larghezza della banda di informazioni che possono essere trasmesse dall’orecchio interno al cervello, anche se fisiologicamente la soglia uditiva risulta nella norma.»

Come può esserci d’aiuto questa ricerca

Naturalmente, per prima cosa, la ricerca pone ulteriori interrogativi ai ricercatori stessi che infatti si ripromettono di investigare ulteriormente il campo.

Tanto per cominciare, se sono ovvie le conseguenze di un’insufficiente amplificazione, non è altrettanto chiaro se condizioni debilitanti per l’udito, come nel caso di acufeni e di iperacusia, possano indurre eccessiva amplificazione nel sistema uditivo. La questione andrà quindi ulteriormente studiata.

 

E per il paziente? Bisogna avere pazienza, appunto, se no che paziente è?

Lascio la conclusione al Dr. Polley: «Come avviene per il suono di ritorno di un altoparlante avere eccessiva potenza nel sistema può spingere i circuiti neurali a diventare patologicamente iperattivi e ipersensibili».

«Tuttavia – aggiunge, lasciandoci almeno nella speranza – avendo stabilito gli effettivi componenti cellulari dell’amplificatore del cervello, ci auguriamo che un giorno potremmo essere in grado di girare la manopola del volume su e giù, per scoprire quel ‘suono ideale‘ grazie al quale le persone potranno riconnettersi al mondo uditivo senza avvertire suoni fantasma o essere terrorizzate da rumori insopportabili.»

Buona giornata!

[by Acufeni, che fare?]

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