Cambiare cervello è una prospettiva semplice e reale e per di più alla portata di tutti, ma proprio tutti.
A questo proposito voglio ricordare che c’è una coda rispetto ai due post di alcuni giorni fa su “cambiare cervello”.
Ritengo infatti che non pochi, forse anche tu stesso, si siano spaventati davanti alla proposta di cambiare cervello.
Niente farmaci naturalmente, altrimenti sarebbero bravi tutti
Droghe, cioè farmaci, e chirurgia ovviamente non c’entrano per niente, non vogliamo certo cambiare cervello con questi metodi, non avrebbe senso e certo non raggiungeremmo lo scopo.
Si tratta invece di cambiare cervello, di dar vita a nuovi neuroni e fare soprattutto in modo che i neuroni formino delle reti (sinapsi) perché allora sì che possono aiutarci a risolvere i nostri problemi, siano essi acufeni o malattia di Ménière, com’è nel nostro caso.
Però l’idea di mettere in pratica quattro semplici azioni, ma proprio quattro, piuttosto che ricorrere ai farmaci, me ne rendo conto perché è successo anche a me, spaventa.
Le quattro azioni da compiere per cambiare cervello
Le azioni, raccomandate da David Perlmutter riguardano: attività fisica; dieta chetogenica; riduzione calorica; assunzione di alcuni nutrienti di cui è impossibile ottenere la giusta concentrazione dalla sola dieta.
Onestamente, niente di più semplice, lo sto facendo io, quindi lo può fare chiunque.
Vediamo adesso in cosa consistano le quattro azioni già annunciate nei post precedenti.
Il “menu” di Perlmutter [pag. 240]
In quel contesto citavo Perlmutter:
«Sul gene che attiva la produzione del BDNF influiscono diversi aspetti dello stile di vita, fra i quali l’esercizio fisico, la restrizione calorica, l’osservanza di una dieta chetogenica e l’aggiunta di determinati nutrienti come la curcumina e l’acido docoesaenoico o DHA, un grasso omega 3.» [vedi post del 4 novembre]
Resta da aggiungere soltanto una raccomandazione: se vuoi iniziare questo percorso per “cambiare cervello” devi necessariamente leggere/studiare il libro di Perlmutter.
Lì trovi tutte le motivazioni in base alle quali anche nel caso di acufeni e Ménière vale la pena seguire le indicazioni del neurologo americano.
La sua proposta è valida per malattie come Alzheimer, Parkinson e Diabete di tipo 2.
Visto che il danno per le “nostre” patologie (acufeni e Ménière) sta certamente nel cervello, perché non adottare gli stessi criteri usati per patologie molto più gravi? Che te ne pare?
Buona giornata!
P.S. -1- Se anche tu hai lo stesso problema degli acufeni o di Ménière lascia un commento e, se lo vuoi, descrivi la tua esperienza. Chissà che insieme non troviamo la soluzione.
P.S. -2- Se vuoi, lascia qui a fianco il tuo indirizzo e-mail per ricevere la newsletter e rimanere così aggiornato sulle mie ricerche su acufeni, ipoacusia e problemi dell’udito. Sono un giornalista, so dove e come cercare.
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[by Acufeni, che fare?]